"Nomina non sunt consequentia rerum"
Jacques Lacan
Jacques Lacan
Vincenzo Rovella
Episteme, da "Scambi di idee sui fatti del mondo" (11-06-2003)
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"Perché mai, quando ci capita di veder comparire qualcuno di cui abbiamo appena fatto nome, lo accogliamo esclamando lupus in fabula! Cosa c'entra il lupo ? Questo modo di dire é quanto resta di un'antichissima credenza. Il lupo, così l'orso, la donnola, il serpente e tutta una lunga serie di animali, sin dai tempi lontanissimi erano considerati animali pericolosi, animali-demoni, non li si doveva nominare (o li si doveva chiamare con un altro nome, con un nome grazioso, un vezzeggiativo), per evitare, menzionandoli esplicitamente, la loro apparizione nefasta, l'intervento malvagio del loro potere. Il nome era indissolubilmente legato all'oggetto. Non si distingueva chiaramente tra il nome e la cosa o l'essenza, la persona.Si pensi al fatto che nelle più antiche civiltà gli dèi dovevano tenere segreti i loro veri nomi, perché chi possedeva il vero nome ne possedeva la persona, poteva quindi asservirla a sé. In un racconto egiziano si narra che Iside induce con astuzie il dio sole, Re, a rivelarle il nome, e in quel modo acquista la signoria su di lui e su tutti gli altri déi.
Il nome era una protezione della persona, era la persona stessa. Basterebbe pensare alle più familiari formule liturgiche o delle preghiere: non si dice "in Dio", "in Cristo", ma "nel nome di Dio", "in nome di Cristo", si battezza "nel nome del Signore", le preghiere cominciano con "nel nome del Padre, del Figlio, ecc.".
Il nome é un vero e proprio rappresentante della persona. Si legge in Matteo 18, 20, "dovunque due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono presente in mezzo a loro", il che significa che dovunque essi pronunceranno il mio nome, là io sarò realmente presente".
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"Perché mai, quando ci capita di veder comparire qualcuno di cui abbiamo appena fatto nome, lo accogliamo esclamando lupus in fabula! Cosa c'entra il lupo ? Questo modo di dire é quanto resta di un'antichissima credenza. Il lupo, così l'orso, la donnola, il serpente e tutta una lunga serie di animali, sin dai tempi lontanissimi erano considerati animali pericolosi, animali-demoni, non li si doveva nominare (o li si doveva chiamare con un altro nome, con un nome grazioso, un vezzeggiativo), per evitare, menzionandoli esplicitamente, la loro apparizione nefasta, l'intervento malvagio del loro potere. Il nome era indissolubilmente legato all'oggetto. Non si distingueva chiaramente tra il nome e la cosa o l'essenza, la persona.Si pensi al fatto che nelle più antiche civiltà gli dèi dovevano tenere segreti i loro veri nomi, perché chi possedeva il vero nome ne possedeva la persona, poteva quindi asservirla a sé. In un racconto egiziano si narra che Iside induce con astuzie il dio sole, Re, a rivelarle il nome, e in quel modo acquista la signoria su di lui e su tutti gli altri déi.
Il nome era una protezione della persona, era la persona stessa. Basterebbe pensare alle più familiari formule liturgiche o delle preghiere: non si dice "in Dio", "in Cristo", ma "nel nome di Dio", "in nome di Cristo", si battezza "nel nome del Signore", le preghiere cominciano con "nel nome del Padre, del Figlio, ecc.".
Il nome é un vero e proprio rappresentante della persona. Si legge in Matteo 18, 20, "dovunque due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono presente in mezzo a loro", il che significa che dovunque essi pronunceranno il mio nome, là io sarò realmente presente".
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