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Occhiali e occhiaie elettorali


Le elezioni a Cosenza e Crotone
Le occhiaie della Barbieri e gli occhiali di Guccione
di Massimo Celani

Da quando la pubblicità cita se stessa, da quando svela i suoi meccanismi, i suoi trucchi - il più delle volte ironicamente - insomma da quando va scivolando sull’asse metapubblicitario, ci si appalesa la dimensione intertestuale, i debiti coi precursori. 

"Nessuna parola è singola, nessuna parola comincia con se stessa. Abbiamo sempre ascoltato in precedenza. Abbiamo sempre già detto qualcosa. Abbiamo sempre ancora qualcosa da dire" - scriveva Hans G. Gadamer. Allo stesso modo sarà ragionevole sostenere che nessuna pubblicità è singola, nessuna pubblicità comincia con se stessa. Così, in questa tornata elettorale, tra tanto piattume, tra tanta pochezza che nulla di buono presagisce, tra frasi contorte (“una città, non solo un politico”), approcci iperbolici, puntini sospensivi e lettere maiuscole senza motivo, virgolette e – new entry – hashtag senza senso e senza possibilità di aggregare alcunché di tematico, si è fatta notare l’affissione di grande formato, il gesto inaugurale di un paio di occhiali senza volto. Dunque senza prosopopea, senza facce e posture stereotipate, senza sorrisi posticci e atteggiamenti pensosi (che dovrebbero essere tranquillizzanti e che invece raggiungono il massimo del cattivo gusto e dello straniamento). Un paio di occhiali, inutile dirlo, da vista (spessi e pesanti) e una frase: “è ora di vederci chiaro”. Messa in scena senza fronzoli, su una campitura bianca raddoppiata dal biancore dei veicoli semoventi (le cosiddette “vele”), pareti mobili in movimento o parcheggiate in angoli strategici della città. Particolarmente gustose, graziose, le vele più piccole, piazzate non sui camion bifacciali ma su apette pure rigorosamente di color bianco .


la bianca movida di Carlo Guccione

Non entro nel merito dell’enunciato, perlomeno sembra coerente con l’offensiva parlamentare scatenata dallo stesso partito dell’occhialuto candidato contro l’occhiuto sindaco uscente. Mi limito a registrarne la coerenza verbo-visiva, instaurata dal segno degli occhiali con lo slogan. Come in tutti gli altri prodotti comunicativi, pittorici, letterari o comunque artistici – lo si evocava all’inizio – esistono dei precursori, una dinamica intertestuale e agonistica, che, per quanto possibile su un quotidiano, proverò a mappare. Il punto di partenza, almeno come suggestione letteraria, sembra essere Proust: “gli occhiali erano potenti e complicati, simili a strumenti astronomici, crudelmente in contrasto con la sua occasione umana”.

decennale della scomparsa di Giacomo Mancini, art direction Luciano Mastrascusa


Secondo Daniele Garritano, giovane studioso del testo proustiano, “per la vista si tratta infatti di condurre la mente al di là del regno della vista, a quello del senso. Lo sguardo critico decifra le parole per accedere all’intuizione del loro pieno significato: questa percezione non ha più nulla di un atto visuale, se non per metafora”. E’ arrivato il momento di far chiarezza, vuol dire che non c’è più la faccia rubiconda del candidato (eppure c’è tutta, suggerita dalla sineddoche), che non c’è più niente da vedere, salvo un biancore diffuso che squarci le oscurità della politica.


la campagna di Salvatore Perugini, art direction Claudio Angel Alagia


“Occhiali” però sono pure i cerchi neri scavati dall'insonnia, le borse sotto gli occhi, le rughe e le zampe di gallina, che si formano per le ripetute contrazioni muscolari periorbicolari.

la tessera del PSE, art direction Massimo Celani

Rosanna Barbieri, candidata sindaco a Crotone, andrebbe messa in guardia dal cadere in routine cosmetiche e leviganti, dall’occultare stanchezza e aria vissuta e invitata a stare lontana dai filler.


lo stucchevole AMO Cosenza non ha portato bene a Lucio Presta, chissà se l’amorevole rivoluzione della Barbieri andrà meglio?


Rosanna Barbieri senza trucco

Tra i precursori di poco anteriori (evidentemente la questione dello sguardo era nell’aria), c’è qualche affissione centrata sugli occhiali – di marca - di Lucio Presta. Come se fosse sulla soglia, appena arrivato, “tagliato” da un lato, col non trascurabile vantaggio di indugiare sul volto del candidato prima incapricciato (chissà mai perché gli venne lo schiribizzo di mettersi a fare il sindaco) e poi messo in fuga. Volto e sguardo resi più interessanti e eleganti da una magrezza rapidamente sopraggiunta.  Non c’è castrazione dello sguardo, il punto di vista è chiaro al punto di avvalorare la riflessione di Merleau-Ponty: non vedo che da un punto ma sono guardato da ovunque. Constatazione che a volte può atterrire, soprattutto alle nostre latitudini.



Lucio Presta candidato vicino e lontano. Concept Aldo Presta, art direction Giovanni De Luca

Tra i precursori culturali andrebbero poi segnalati “gli occhiali di Pessoa”, come recita il titolo del saggio di Giap Parini sugli eteronimi e la modernità, occhiali come dispositivo per tenere assieme tutti quegli uomini che un uomo intelligente sospetta di essere, oppure – nella peggiore delle ipotesi - le mille facce sofferenti di una coalizione che va da Bersani a Morrone e a Verdini. Succede che quel manifesto con gli occhiali, gli occhiali senza candidato, si sia subito dimostrato generativo, stimolando risposte e parodie


Stesso format per Guru sindaco, art direction Nunzio Scalercio




occhiali riposti nell’astuccio per Cosenza Libera (peccato che la lingua italiana sia un optional)

Poi son fiorite sulla sua scia varie forme di “adaequatio”.



gli occhiali del candidato Francesco Turco



un’esplosione metonimica per la presentazione dei candidati di “Oltre i colori”, art direction L. Mastrascusa

Rispondere uniformandosi, anche con accentuata ingenuità, incorporare il claim del candidato sindaco, farne un apripista o un collante, è comunque un interessante segno ludico, di gioco di squadra, di sublimazione, di rinuncia alla propria creatività: quasi mai indovinata, quasi sempre pasticciata e un po’ trash.  Una misura di salvaguardia nei confronti dell’abuso delle facce, il più delle volte di bronzo (l’indicazione del materiale ovviamente è un eufemismo), della pornografia dilagante di volti e slogan. C’è però da non dimenticare l’altro aspetto della vista, il senso impaziente, insaziabile e colpevole dello scrutare, della pulsione scopica. Da Sant’Agostino a Jean Starobinski la concupiscientia oculorum è il male per eccellenza. Così può capitare che, in presenza di una disoccupazione giovanile così lancinante, certi giovanissimi confondano le elezioni amministrative col casting di un talent show. Poco importa se non ho consapevolezza alcuna del bene comune, se non so nulla di amministrazione pubblica, di diritto, economia, logica, etica, scienze politiche; se ho la faccia da scemo (“Lombroso santo subito”?), un sorriso furbo e una mise sexy (salvo radicali fraintendimenti sulle quote rosa, inappropriata per l’occasione). Cosenza’s Got Talent, il 5 giugno rischia di trasformarsi nelle prove generali di improvvisati startupper, più vicini a Endemol che a Unical, un incubatore di Neet (niente studio né lavoro) in procinto di trasformarsi in politicanti senza scrupoli. S’intende che si tratta d’inventarsi un’occasione di lavoro, ma è grave che solo il Movimento 5 stelle e Cosenza in Comune pongano la questione di un reddito di dignità che ci metterebbe al riparo da siffatta improvvisazione oltre che dalla microcriminalità.
E allora meglio gli occhiali di Guccione e una forma silenziaria di comunicazione elettorale. Anche perché è preferibile il segno di una vista declinante al cattivo gusto, alle pose sciocche e ai volti che tradiscono un elettroencefalogramma piatto. Miope o presbite, da vicino come da lontano sarebbe auspicabile tenersi alla larga dai super-scienziati, soprattutto se transfughi, quelli che parlano correntemente sei lingue straniere e che son capaci di dire di sé “un professionista polivalente con un superbo track record nella gestione di progetti complessi e funzionali in vari ambiti” (testuale da curriculum). Un colossale errore di calcolo che darà appuntamento dal notaio in men che non si dica. Quanti anni serviranno ancora in Calabria per un reclutamento fatto di persone dalla spiccata passione civile, senza unti del Signore, sufficientemente competenti, col minimo sindacale dell’umorismo e col senso del limite?

Il Quotidiano del Sud, 3 giugno 2016




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