Che cosa è il brand, il logo o marchio.
Parola o immagine aggiunta, o sovrapposta, ad un prodotto-servizio. Fonte, di per sé, di valore.
In francone (il dialetto tedesco parlato dai Franchi, nell'alto medioevo) il verbo brennan sta per 'ardere', 'bruciare'. Brand sta per 'incendio', 'cosa che brucia', e quindi metaforicamente per 'spada fiammeggiante'. Brand è anche, più umilmente, il pezzo di legno incandescente, il 'tizzone'.
I significati si mantengono straordinariamente costanti in tutta l'area germanica. Fino al tedesco moderno: brennen sta per 'bruciare', e der Brand è tanto 'l'incendio' che 'il tizzone’.
Da brand il latino medievale branda, la 'brughiera', alla quale può essere facilmente appiccato il fuoco. Da brand l'antico francese brant, poi brand, brande, e l'italiano brando: 'ferro della lancia', 'lama della spada'. Da brand, ancora, il francese brandir (nel 1100), e nel 1400 l'italiano brandire e lo spagnolo blandir: 'impugnare saldamente ed agitare un'arma'.
In inglese ritroviamo tutti i significati: brand, 'piece of burning wood', 'blade of sword'; to brandish, 'brandire'. Non solo: da brennen -nella sua variante brunnen- deriva per metatesi (metatesi: spostamento di fonemi all'interno di una parola: brun-, burn-) anche il verbo to burn, 'bruciare', 'ardere'.
In inglese si passa poi dal tizzone, legno incandescente, al branding-iron, ferro incandescente usato per marchiare il corpo dei criminali, e successivamente del bestiame e degli schiavi. Brand traduce dunque esattamente -dal 1500- il greco e latino stigma: 'bollatura', 'marchio d'infamia'.
http://it.wikipedia.org/wiki/Ubik
Ubik è il marchio assoluto, è l'estrema apparenza vendibile, è un aspirapolvere, è una birra, è caffè appena tostato, è un nuovo sfrenato condimento per insalate, è una ricostituente che irradia sollievo dalla testa allo stomaco, una lama a caricamento automatico, al cromo svizzero, a moto perpetuo, garanzia di barbe perfette, è nuovo rivestimento plastico facile da applicare extralucido che mette di buonumore le superfici imbronciate della vostra casa, è un prodotto finanziario che vi restituirà fiducia nel futuro, è un balsamo per capelli, è un sonnifero che garantisce risvegli privi di ogni stato depressivo, un new food composto solo di frutta fresca e sani grassi completamente vegetali, un reggiseno anatomico, extra-morbido, un avvolgente in plastica, quattro strati in un uno, per cibi semprefreschi, uno spray orale contro ogni tipo di germi, il cereale per adulti più croccante, più saporito, più delizioso.
Ma questa, appunto, è solo l'apparenza. Ubik è molto di più.
"Io sono Ubik. Da prima che l'universo fosse, io sono. Io ho fatto il sole e i mondi. Io ho creato gli esseri viventi e le loro dimore. Essi vanno dove io voglio, fanno ciò che io dico. Io sono il Verbo, e il mio nome non viene mai proferito. Sono chiamato Ubik, ma questo non è il mio nome. Io sono e sempre sarò."
"E' evidente, da quanto precede, chi e che cosa sia Ubik: dice espressamente di essere il Verbo, cioè il Logos." Dick prosegue raccontando che "nella traduzione tedesca del romanzo, c'è uno dei più formidabili errori di interpretazione in cui mi sia capitato di imbattermi. Dio non voglia che il traduttore tedesco di Ubik si sia messo in testa di far la traduzione del Nuovo Testamento dal greco antico in tedesco. Ha tradotto tutto correttamente finché non si è imbattuto nella frase seguente: 'Io sono il Verbo'. E' andato nel pallone. 'Che cosa intenderà mai l'autore?', dev'essersi domandato, evidentemente all'oscuro della dottrina del Logos. E così ha fatto quello che ha potuto. Nell'edizione tedesca, l'Entità Assoluta artefice del sole e dei mondi, creatrice degli esseri viventi e delle loro dimore, dice: "Io sono la marca". Se avesse tradotto il Vangelo secondo Giovanni, immagino che il risultato sarebbe stato questo: "In principio era la marca/ e la marca era presso Dio/ e la marca era Dio."
Dick finge di meravigliarsi. Ma sa che in realtà il lapsus del traduttore tedesco è perfettamente fondato, e parla in fondo della vera essenza di Ubik, del brand, del marchio, del logo.
Il dizionario spiega che logo è a abbreviazione di logogram o logotype, e spiega che solo negli anni '60 il significato si consolida
"logo, the lay out of a sponsor's name, brand or slogan":
il logo è un'icona, l'immagine di una apparenza vendibile.
Ma comunque, e non è ovviamente un caso, e il traduttore tedesco in fondo ha ragione, alla radice sta il greco logos, 'parola', che il Vangelo legge come Parola di Dio, con l'iniziale giustamente maiuscola.
La Parola ci mostra il legame tra "le cose della terra" e "le cose del cielo", e cioè il legame tra risposte ai bisogni materiali e risposte ai bisogni profondi, ai desideri segreti. Non a caso si dice oggi che il brand è un asset immateriale, intangibile. Questo, del resto, era già stato detto da Karl Marx: solo "nel nebuloso mondo delle religioni" troveremo spiegazione del funzionamento del "misterioso mondo delle merci" .
Siamo adoratori della merce, manifesta sotto forma di mera, immateriale promessa. Per soddisfare il bisogno, qualcuno vuole convincercene, 'basta la parola'. Basta il logo.
Ubik è sinonimo di Parola, di Logos.
La Parola sta in cielo ed in terra, sta in ogni luogo.
La Parola è Ubik perché è ubiqua.
Ubiquità: nel latino medievale dei teologi, ubiquitate, 'onnipresenza (di Dio)'.
Generi di largo consumo e marche di santità
S. Benedetto
S. Bernardo
Sangemini
S.Giacomo
S.Michele
Santa Croce
Sant’Anna di Vinadio
Santo Stefano
Amaro dell’abate
Angelica
Angelus
San Fagiano
Elisir del prete
Djesus
S.Rocco
Agnus dei
Belzebù
Du diable
Devil’s
Devil’s kiss
du demon
Lucifer
San Miguel
Battistero
Paradiso
Farina della Madonna delle Grazie
Lacrima christi
Chartreuse
Benedectine
San Francesco
San Francesco di Paola
San Marzano
Sangue di Giuda
Santa Margherita
Santa Maria
Sant’Andrea
Sant’Ippolito
Scaccia diavoli
Vin Santo
Pan degli Angeli
Pasta della Madonna di Verolengo
San Rocco
San Carlo
San Daniele
San Domenico
Sangiorgio
SantaRosa
Sant’Orsola
Terra dei monaci
Tre Marie
“ Dar voce, evocare, significa costituire nel campo dell’essente ciò che non vi era. La voce, in quanto appello all’essere, crea dal nulla quello che non era. La vocazione soggettiva dipende dunque dall’essere chiamato del soggetto a un suo posto per l’Altro. E’ questa la funzione essenziale di quell’Altro, primario per ogni soggetto, che chiamiamo con qualche approssimazione la madre. La madre è chi insegna a parlare, è chi chiama* ad essere un soggetto. Tale vocazione essenziale del soggetto è significata ed è rappresentata nell’assegnazione del nome, ma non coincide con essa. Il fatto di essere individuato da un nome proprio assegna al soggetto un posto nell’essente. Ma il nome proprio può solo rinviare a tele vocazione, non esprimerla. Il vero nome del soggetto non è il suo nome proprio, ma la vocazione stessa che lo ha esposto alla luce del simbolico**, è l’attesa a riempire la quale esso è stato ‘chiamato’ “.
Ettore Perrella, Il tempo etico (o la ragione freudiana), Biblioteca dell’Immagine, Pordenone, 1986, p.220
glosse celanesche
* il verbo "chiamare" risulta ambiguo. Significa sia rivolgersi ad un soggetto, nella dimensione dell’evocazione e dell’appello, sia dare un nome. Queste due determinazioni finiscono col coincidere. Almeno nel senso che dare un nome a qualcosa significa evocarla.
** il simbolico, secondo Jacques Lacan (e Perrella si situa nella sua scia) corrisponde al linguaggio
(cfr. l’articolazione lacaniana dei tre registri: reale, immaginario, simbolico).
http://www.film.it/film/michel-gondry-adattera-ubik-di-dick
RispondiEliminahttp://www.ibs.it/code/9788884902542/klein-naomi/logo-economia-globale.html
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